The Last of Us: tra adattamento e videogioco

The Last of Us è una serie HBO che ha suscitato molto scalpore negli ultimi tempi. La serie televisiva è l’adattamento cinematografico della produzione videoludica targata Naughty Dog. La serie vede come protagonisti Joel (Pedro Pascal) e Ellie (Bella Ramsey) e si svolge in un mondo post-apocalittico dopo che un fungo ha inglobato l’intero pianeta, trasformando i suoi abitanti in infetti simili a zombie. Il duo dovrà affrontare un viaggio impossibile con lo scopo di trovare una cura, fronteggiando non solo la minaccia del fungo, che paradossalmente si presenta solo come sfondo della narrazione, ma anche un’umanità che è caduta preda del bisogno egoista di sopravvivere a tutti i costi.

Differenze con il videogioco

Il videogioco della Naughty Dog uscì nel 2013 e poi ebbe un sequel nel 2020. La serie ha ricevuto numerosi premi ed è stata approvata sia dai giocatori che dalla critica, definendo il sequel uno dei videogiochi più belli mai realizzati.

Le differenze presenti nell’adattamento cinematografico rispetto al videogioco non peggiorano la narrazione di partenza che era già superlativa. La serie conserva certe dinamiche del suo predecessore proprio per omaggiare e, come giusto che sia, fare del sano fan service.

Alcune scene inedite nella serie come quella iniziale, approfondiscono la storia e le donano qualcosa di attuale e di adattabile alla nostra esperienza con la pandemia. L’inizio infatti gioca proprio sul fatto che, mentre per un virus è possibile trovare un cura, per un fungo non esistono rimedi: l’epidemia dilagherebbe per il pianeta adattandosi a qualsiasi ostacolo.

Senza fare troppi spoiler, faccio una piccola parentesi per i personaggi. Joel e Ellie erano già in partenza due protagonisti di un certo spessore, ma con grazie ad una cura cinematografica sono riusciti ad esplorare il loro carattere, impressionare sullo schermo i loro traumi così da renderli veri e interessanti più di quanto fossero prima.

La parentesi che inizia e si conclude nel terzo episodio è geniale e meravigliosa. Nel videogioco, il personaggio di Bill accompagna i protagonisti per un piccola parte del gioco. Nella serie, invece, il personaggio ha un piccolo sipario nel quale ci viene narrata una storia che dichiara apertamente le intenzioni della serie: non è una storia di zombie.

L’ultimo episodio, poi, riprende benissimo quello del videogioco, abbreviando certe dinamiche narrative che, come è giusto che sia, si prendevano il loro tempo nel gioco, e palesando sullo schermo un finale stupendo e ricco di domande.

The Last of Us non parla di zombie

La serie è curata da Neil Druckman, sceneggiatore e regista di alcuni episodi, nonché ideatore della serie di videogiochi. Qui Druckman ha dimostrato tutto il suo potenziale, scavando nell’animo dei personaggi e ritagliandosi dei momenti per riflettere, ha deciso di raccontare un’umanità che tenta di rimanere tale provando a conservare tutta quella sfilza di emozioni, ideali e sentimenti che la tengono incollata al mondo. Non punta l’attenzione sull’apocalisse zombie che figura solo come pretesto per mostrarci tanti aspetti dell’animo umano.

La serie non vuole essere la nuova “The Walking Dead”, anche se ricalca quel genere, semplicemente vuole restituirci qualcosa che molto di noi hanno abbandonato, la fiducia. Quando si è circondati da infetti e da banditi, è difficile fidarsi di qualcuno se non di se stessi. Ma Joel ed Ellie hanno dimostrato di avere ancora un briciolo di fiducia nel prossimo e ciò li mantiene in vita.

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