“Rumore Bianco” crea una storia artefatta e disfunzionale

“Rumore Bianco” è l’adattamento cinematografico di White Noise di Don DeLillo. La pellicola, diretta da Noah Baumbach, racconta una storia artefatta e disfunzionale. Il film, per quanto cerchi di abbracciare un po’ tutti i temi del romanzo, non riesce a modellare un racconto coeso e avvincente.

“Rumore Bianco” racconta la storia di Jack Gladney (Adam Driver), professore di Hitlerologia. E’ sposato con Babette (Greta Gerwig). Entrambi reduci di quattro matrimoni, crescono i loro figli nel Midwest. La famiglia affronterà una pericolosa nube tossica che dipanerà le storie dei personaggi, mettendoli di fronte ad un nemico intangibile e universale, la morte.

Cos’è andato storto?

L’esperimento è certamente coraggioso. D’altronde, il romanzo di DeLillo spazia su diverse tematiche e affronta svariati generi. Ma in questo caso, la cronaca dell’assurdo si presta molto meglio al romanzo che al film. Quest’ultimo comincia con un climax potente, la nube tossica. Dopo, però, il ritmo cala e la storia si incarta in ragionamenti esistenziali che non hanno né capo né coda. L’incidente della nube tossica viene man mano dimenticato e tutto quello che accade dopo sembra distaccarsi da quello che ci viene mostrato all’inizio. La storia prende derive ambigue, sconnesse e, per quanto ci provi, non riesce a ricalcare le dinamiche narrative del romanzo.

Il film, nonostante tutto, resta un buon prodotto. La regia di Noah Baumbach riesce a ripercorrere i diversi generi inseriti nel racconto senza risultare incoerente. Sta di fatto che gli obiettivi prefissati non son stati soddisfatti. Questo è uno dei film più pretenziosi della filmografia del regista. Ho apprezzato moltissimo il tentativo di costruire un racconto che si legasse a più tematiche, ma la storia si incarta e perde la propria spinta narrativa già a metà del secondo atto.

“Rumore Bianco”la paura della morte

La paura della morte è il tema principale del racconto. Mi ha stupito come questa paura nella pellicola fosse così concreta. Tutti temiamo la morte ma non ne facciamo una paranoia senza alcun motivo apparente. Tuttavia qui ci si imbatte in un pensiero esistenziale che affonda le dita nella fede. Avere fede in qualcosa ci tiene incollati alla vita. Avere fede in Dio, in una celebrità musicale, nella famiglia o in un personaggio politico. Il racconto identifica tutto questo come collante che ci lega per combattere la morte.

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