Coinvolgente, dinamica e, soprattutto, artistica: la nuova narrazione dei brand che scelgono di differenziarsi
Cambia la società e cambiano le metodologie di fruizione dei contenuti: appena qualche anno fa, la comunicazione di tipo fotografico spopolava tra le aziende che cercavano di trasmettere sentimenti di estremo realismo al fine di parificare il rapporto con i propri clienti.
Oggi, la platea di interlocutori, clienti o stakeholder che siano, richiede intrattenimento.
Per questo motivo il 95% delle aziende che popolano i social network hanno abbandonato la semplice comunicazione promozionale in favore di uno storytelling continuo e seriale, anche per venire incontro alle continue, e spasmodiche, trasformazioni dei famigerati algoritmi. In periodi recenti, infatti, la comunicazione delle piattaforme social ha virato totalmente verso la comunicazione video. Un po’ per venire incontro alle esigenze di chi le popola, un po’ per fronteggiare i grandi colossi che vengono dall’Asia, come TikTok, per dirne una.
Tutti raccontano il proprio business attraverso il video. Se qualche tempo fa questo strumento poteva potenziare l’acquisizione di contatti e clienti, oggi il mercato risulta saturo e con grandi barriere all’entrate. Il motivo è semplice: tutti comunicano attraverso i video, per cui sopraggiunge l’omologazione comunicativa.
In che modo, allora, un’impresa, un’istituzione oppure un opinion leader possono differenziarsi?
Attraverso il cine-making.
Letteralmente “rendere cinema”, il cine-making è una tecnica che fonde l’advertising alla settima arte, per trasformare la comunicazione delle aziende in storie audiovisive interessanti e coinvolgenti dove la promozione di beni e servizi viene sorpassata da strumenti di posizionamento e brand reputation.
La pubblicità evolve il concetto di storytelling in storydoing, trasmettendo sentimenti di creatività ed artisticità, per potersi differenziare e trasmettere un unico, necessario, valore: emozione.
Un commento su “Cinemaking: l’advertising a regola d’arte”